LA PASTA
- origine
La coltivazione e l’uso dei
cereali avvennero quasi contemporaneamente, frumento e orzo si svilupparono nel
bacino del Mediterraneo, in Africa settentrionale il grano saraceno, in America
il mais e nei paesi anglosassoni la segale,
prima furono utilizzati grazie alla diffusione spontanea e poi coltivati
e selezionati, ridotti in farina il popolo antico cercò di utilizzarla in ogni
modo.
La
parola "pasta" deriva da un termine greco che significa "farina
mista a liquido”
Non
sappiamo con certezza chi sono stati i primi a mescolare il grano con l’acqua
per ottenere un impasto alimentare, in parte consistente, e farlo cuocere in
acqua bollente salata, o in acqua di mare.
Si
afferma che Cicerone e Orazio, nel
Gli
Etruschi nel IV secolo a.C. conoscevano già questo cibo, in alcune tombe a
Cerveteri, sono stati trovati dipinti raffiguranti alcuni strumenti a noi noti
per la preparazione della pasta quali il matterello, la spianola e una rotella
simile a quella per la preparazione dei ravioli.
Marco Polo, che, rimase in oriente dal 1270 al
1295, nei suoi scritti e dalle successive forse male interpretazioni, afferma
di aver introdotto la pasta in Italia, al ritorno del suo viaggio in Cina, la
notizia pare del tutto infondata, vediamo il perché da qualche data:
E’ datata intorno l’anno mille la
prima ricetta documentata di pasta, tratta dal libro "De arte Coquinaria
per vermicelli e maccaroni siciliani", scritto da Martino Corno, -Cuoco
del ricco e mondano cardinale Ludovico Trevisan, patriarca de Aquileia, e in
seguito Reverendissimo Monsignor Camerlengo, soprannominato “cardinal Lucullo”, per la sua
prodigalità nell’allestire banchetti, - pubblica una serie di ricette a base di
maccheroni, senz’altro molto diverse
dalle nostre, ma altrettanto gustose e fantasiose, eccone una: i maccheroni erano fatti con farina e acqua,
come quelli di adesso, però venivano
cotti, in acqua salata, per due ore, e conditi con spezie dolci.
La pasta, di certo, era già conosciuta nei paesi arabi, dove
ancora oggi si parla di "makkaroni",
Furono gli Arabi ad essiccare per primi la pasta, trasformandola in un
cibo a lunga conservazione, poiché durante i loro spostamenti nel deserto, non avendo
sufficiente acqua per confezionare ogni giorno alimenti freschi, La pasta
veniva prima esposta al sole, perché perdesse la maggior parte dell’umidità,
e poi
trasferita in ambienti chiusi, riscaldati debolmente da bracieri, in modo da liberarsi dell’umidità
residua, questa è la prima testimonianza scritta relativa alla produzione di
pasta essiccata.
La vera capitale storica della pasta
secca è Palermo, il geografo e botanico
arabo Al-Idrisi, (il nome per esteso era
Abu Abdallah Muhammad Ibn Idris al-Qurtubi al-Hasani) al servizio di
Ruggero II, nel 1154, narra in un suo
scritto “Libro per chi si diletta di
girare il mondo”che “a ponente di
Termini (Palermo) vi è un abitato che si chiama Trabìa con acque perenni e
parecchi mulini. Trabìa ha una pianura e vasti
poderi, nei quali si fabbricano tanti vermicelli da approvvigionare, oltre ai
paesi della Calabria, quelli dei territori musulmani e cristiani, dove se ne
spediscono moltissimi carichi per nave”
Nel 1244 il medico bergamasco Ruggero
di Bruca prometteva ad un suo paziente, un mercante genovese, che sarebbe
guarito da un'infermità alla bocca a patto che smettesse di mangiare carne,
frutta e pasta.
Un documento del 1284 conservato
all’Archivio di Stato di Pisa, ci dà notizia della vendita in questa città di
“vermicelli”.
Nel
Le prime notizie della vendita di pasta
essiccata sono del 1295 nel Regno di Napoli, la regina Maria ne acquistò un consistente
quantitativo per un banchetto.
Queste testimonianze e documenti, archiviano in
modo quasi se non del tutto definitivo, la tradizione della pasta essiccata
importata in Italia nel 1295, dal navigatore veneziano, durante il suo viaggio
egli venne sicuramente a conoscenza degli spaghetti di soja.
Ai
primi del ‘300 la pasta secca era ormai diffusa anche in tutta l’Italia del centro-nord.
A Napoli, il pastaio stava
seduto su un lungo sostegno e nel frattempo impastava la semola con i
piedi. Il re di Napoli Ferdinando II non
era completamente soddisfatto di questo
metodo e ingaggiò un famoso ingegnere cui affidò il compito di inventare un
nuovo sistema di pastificazione, il nuovo metodo consisteva nell'aggiungere
acqua bollente alla farina fresca macinata e al lavoro di impastatura con i
piedi subentrò una macchina fatta di bronzo che imitava perfettamente il lavoro
svolto dall'uomo.
La produzione della pasta secca
si estese rapidamente in tutt’Italia, soppiantando in molte case la
tradizionale pasta fresca.
-Fine-